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Come la Next Best Action rivoluziona il Marketing

Written by Christine Lipkau | Oct 14, 2022 9:45:00 AM

Avete presente quella bella sensazione quando entrate al bar e il barista sa già cosa prenderete? Oppure meglio ancora ve lo prepara automaticamente nell’istante in cui entrate?

Magari riesce anche a proporvi quella brioche integrale ai mirtilli (variante della solita con il miele), che è sicuro vi piacerà?

A ognuno il suo caffè.

Considerando che durante il giorno il barista entra in contatto con una clientela molto diversa che chiede una personalizzazione sempre più varia… schiumato, in tazza grande, corretto, al vetro, caffe freddo, ristretto, lungo… riuscire a rendere unica l’esperienza è davvero la chiave della fidelizzazione.

Questa potrebbe essere una buona metafora per spiegare il paradigma della Next Best Action (NBA)

Proporre al momento giusto, con il giusto canale, il contenuto più indicato per ogni cliente è diventato il new normal per le campagne di marketing. Per poter però anticipare in maniera efficace l’utente, bisogna conoscerlo, e oggi i team di marketing delle aziende hanno varie leve sulle quali basare una strategia customer centric.

Inoltre con l’evoluzione delle tecniche di ingaggio anche le aspettative sulla personalizzazione dei messaggi da parte del target finale sono aumentate. Quasi che i clienti se lo aspettino di essere capiti e trattati secondo le loro preferenze. Ad esempio nel mondo pharma, il 58% dei clinici concorda sul fatto che almeno un’azienda farmaceutica li ha “spammati” con contenuti digitali e in generale, il 68% desidera una comunicazione più personalizzata (COVID-19: Healthcare Provider Survey | Accenture).

Di fatti, è proprio questo settore che prima degli altri si sta muovendo per mettere in pratica le regole della Next Best Action. In questo contesto in effetti i vantaggi sono molto evidenti, agendo in maniera sensibile su Open e Click Through Rate. 

Il valore nascosto dei dati

Per mettere a terra queste metodologie, alla base di tutto ci sono i dati: monitorare l’utente nei suoi comportamenti (“preferisce le email”), nelle sue abitudini (“apre le mail nel pomeriggio”) e nelle sue preferenze (“ha cercato sul sito un prodotto in particolare”), fornisce una serie di informazioni preziose per adattare la customer journey e renderla il più efficace possibile per quel determinato utente.

E sono sempre i dati che ci servono per monitorare e verificare che gli investimenti e le strategie di comunicazione generino un ritorno sull’investimento, sia quantitativo che qualitativo.

Tipicamente però i dati sono difficili da aggregare e qui entrano in gioco diversi tool che negli ultimi anni hanno cambiato il modo di fare marketing, portando automazione, segmentazioni sempre più precise e processi di causa–effetto che guidano il nostro lead all’interno di un percorso prestabilito. Grazie ai CRM, alle dashboard di analytics dei canali digitali e ai report delle agenzie, i dati sono ora più accessibili e quindi sarebbe un peccato non usarli. 

Sono diventati un vero e proprio valore interno delle aziende.

Omnicanalità per tutti

Un altro fenomeno di grande attualità, accelerato anche a causa della pandemia, è l’aumento dei canali di comunicazione (soprattutto digitali) condizione necessaria per poter parlare di omnicanalità

Come descrive Forbes nello studio “100 Stats On Digital Transformation And Customer Experience”, il 70% delle aziende ha già una strategia di trasformazione digitale o ci sta lavorando. Questo significa in gran parte omnicanalità; ma anche se tutti dicono di utilizzarla, pochi la implementano davvero.

Infatti omnicanalità non vuol dire mandare messaggi su tutti i canali sperando che nel mucchio qualcosa arrivi a destinazione. L’arte dell’omnicanalità sulla quale si basa la NBA è quella dove, a seconda del comportamento dell’utente, un canale è preferito rispetto a un altro, attivando un’orchestrazione accurata e personalizzata della customer engagement. Questo richiede un centro decisionale unico e cross-canale, che prenda tutte le decisioni relative al cliente: cosa non da poco.

 

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Content is king!

Certo, se il caffè non fosse stato buono, non ci saremmo neanche andati in quel bar. Per fortuna la cultura “markettara” degli ultimi anni ha portato a un consolidamento del fatto che il contenuto sia tutto in comunicazione. Ormai siamo sopraffatti, sovraesposti e non più disposti a perdere tempo con qualcosa che non è di nostro interesse.

Ma come fare a utilizzare al meglio i contenuti che agenzie e reparti marketing producono? Come assicurarci che il messaggio sia messo a terra nella maniera prestabilita? Come verificare con KPIs certi la trasmissione di un messaggio? Anche qui ci viene incontro la tecnologia. Pratica pian piano sempre più diffusa è quella di attribuire a un testo, immagine, video,… un’ “etichetta” che poi renda possibile il suo utilizzo a chiamata e il suo tracciamento.

Sto parlando di content tagging, pratica che permette, in una logica di Next Best Action, di aggiungere anche l’informazione sul contenuto all’equazione. Immaginate di dover lanciare una campagna promozionale e di scegliere i tag principali che rappresentano i messaggi chiave che devono passare al target. Nel magico mondo della Next Best Action tutto il pensiero di costruzione della journey personalizzata viene definito e messo in pratica autonomamante nel miglior modo possibile.

Tornando al mondo pharma, questa nuova tendenza è molto ben descritta da Animesh Gandhi (Analista Gartner esperto in Life Science) nel suo articolo “Quick Answer: How Life Science CIOs Can Revitalize Content IT Systems to Deliver Modular Content”. I vantaggi in termini di tempo uomo, affidabilità del processo di tagging e potenzialità di utilizzo e monitoraggio è estremamente elevata, ed è sicuramente un vantaggio competitivo per chi riesce a metterlo in pratica.

Massimizzare la Next Best Action con l’AI

Per usare tutti i dati a disposizione, gestire i contenuti al meglio e avere un livello di personalizzazione altissimo, il cervello umano non basta, ma con l’aiuto dell’intelligenza artificiale le cose cambiano. I CRM sono una fucina di informazioni che dicono tantissimo dei nostri utenti.

Ma siamo davvero così pronti ad affidarci così tanto ad algoritmi e strumenti di automation? Forse no, e quindi la trasformazione sarà lenta per permettere alla generazione odierna di marketeers di cambiare forma mentis e abbracciare un nuovo modo di fare comunicazione. Infatti solo il 34% dei leader del marketing ritiene che l’IA porterà al più grande miglioramento dell’esperienza dei clienti. (Forbes, 100 Stats On Digital Transformation And Customer Experience)

La strada è ancora lunga, ma la Next Best Action è sicuramente il nuovo modo per definire il rapporto con il cliente e per ricreare quell’esperienza autentica e soprattutto win – win del barista che conosce e coccola i suoi clienti.